Sentenze

 

Il ricorso e il principio dell'autosufficienza della Corte di Cassazione 

Cassazione 5051/2012    Cassazione 16 ottobre 2013 n. 23536   Cassazione ordinanza n. 12355/2014   Cassazione n. 8103/2016 - n. 5867/2016 -  5516/2016  -  6924/2016.

(Cassazione 5051/2012): «Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sé stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366, 1 co. n. 4, c.p.c., che il ricorso, almeno nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonché delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del giudizio di merito, la sentenza impugnata ed il ricorso per cassazione (v. Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998). È cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dall’odierno ricorrente. Già sotto l’assorbente profilo dell’autosufficienza, va posto in rilievo come il medesimo faccia richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all’”atto di citazione ritualmente notificato in data 20.04.1995″, all’”ordinanza del 05.02.03″ del G.O.A., alla “sentenza n. 289/05″ del Tribunale di Salerno, all’”appello notificato in data 27.05.2005″, all’essere stato il “pontile costruito dall’ente locale (peraltro senza alcun atto di assenso da parte del Ministero)”, di cui lamenta la mancata o erronea valutazione, limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente - per la parte d’interesse in questa sede - riprodurli nel ricorso, ovvero, laddove riprodotti, senza puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, gli stessi risultino i prodotti, e ai sensi dell’art. 369, 2 comma. n. 4, c.p.c. se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279). A tale stregua non pone questa Corte nella condizione di effettuare il richiesto controllo (anche in ordine alla tempestività e decisività dei denunziati vizi), da condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161)».

Cassazione 16 ottobre 2013 n. 23536: " ...... in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366, comma 6, c.p.c., oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell'art. 369, comma 2 n. 4, c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità. In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, ha il duplice onere -imposto dall'art. 366, comma 1, n. 6, - di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parti si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La valutazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile, Cassazione 14216/2013".

Distinzione tra sentenza e ordinanza - Cassazione sentenza n. 27143/2016: «Al fine di stabilire se un determinato provvedimento abbia carattere di sentenza o di ordinanza e sia, pertanto, soggetto o meno ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, è necessario avere riguardo agli effetti giuridici che esso è destinato a produrre; ne consegue che deve essere definito come sentenza il provvedimento con il quale il giudice definisce la controversia soggetta al suo giudizio, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo processuale; mentre non è definibile come sentenza il provvedimento adottato in ordine all'ulteriore corso del giudizio, anche se con esso siano state decise questioni di merito o di procedura, essendo tali questioni soggette al successivo riesame in sede decisoria».

Cassazione n. 5867/2016: "Si rappresenta previamente che, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr. Cass. sez. lav.4.3.2014, n. 4980), quale positivamente sancito all'art. 366, 1 co., n. 6), c.p.c. (l'art. 371 c.p.c., comma 3, richiama, tra gli altri, l'art. 366 c.p.c.), ben avrebbero dovuto i ricorrenti incidentali, onde consentire a questa Corte il compiuto riscontro, il compiuto vaglio dei loro assunti, riprodurre più o meno integralmente nel corpo del controricorso - ricorso incidentale il testo della delibera dell'assemblea condominiale del 12.10.1989, il tenore della relazione di consulenza tecnica d'ufficio a firma dell'ing. Pe., il complesso delle dichiarazioni rese dai testimoni escussi, il contenuto della comparsa in data 22.1.1991 con cui S.C., C.F., Sa.Do. e C.R. ebbero a costituirsi innanzi al tribunale di Brindisi."

Cassazione n. 551672016: E va aggiunto che lo stesso ricorso per cassazione - per il principio di autosufficienza deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l'onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali e i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l'indiretta riproduzione (Cass.14784/2015).

Cassazione ordinanza n. 12355/2014

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Le sezioni Unite della Cassazione e la formulazione dell'art. 360 n. 5 - Cassazione sentenza n. 19881/2014
Si rende quindi preliminarmente necessario stabilire il senso della nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), prevista dal citato art. 54, e definire i limiti entro i quali il nuovo testo abbia ammesso la valutazione da parte del giudice di legittimità della motivazione del provvedimento innanzi a lui impugnato.
4.1. Il legislatore del 2012 ha riformulato l'art. 360 cod. proc. civ., n. 5 riferendolo all'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ritornando, quasi letteralmente, al testo originario del codice di rito del 1940, che prevedeva quale motivo di ricorso in cassazione, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Appare immediatamente evidente che l'unica differenza testuale è l'utilizzo della preposizione "circa" da parte del legislatore del 2012, rispetto all'utilizzo della preposizione "di" da parte del legislatore del 1940: ma è una "differenza testuale" irrilevante, trattandosi, dell'uso di una forma linguistica scorretta (un solecismo, come talvolta suoi dirsi), che non ha forza di mutare in nulla il senso della disposizione del codice di rito del 2012, rispetto alla disposizione del codice di rito del 1940.
4.2. Nella riformulazione dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 5 scompare ogni riferimento letterale alla "motivazione" della sentenza impugnata e, accanto al vizio di omissione (che pur cambia in buona misura d'ambito e di spessore), non sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà. La ratio legis è chiaramente espressa dai lavori parlamentari, laddove si afferma che la riformulazione dell'art. 360, n-. 5 è mirata..... a evitare l'abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica propria della Suprema Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris.
4.3. In questa prospettiva, volontà del legislatore e scopo della legge convergono senza equivoci nella esplicita scelta di ridurre al minimo costituzionale il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità. Ritorna così pienamente attuale la giurisprudenza delle Sezioni Unite sul vizio di motivazione ex art. 111 Cost., come formatasi anteriormente alla riforma del D.Lgs. n. 40 del 2006: il vizio si converte in violazione di legge nei soli casi di omissione di motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, sempre che il vizio fosse testuale.
4.4. Nel quadro di tale orientamento le Sezioni Unite (sent. n. 5888 del 1992) avevano sottolineato che la garanzia costituzionale della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali dovesse essere correlata alla garanzia costituzionale del vaglio di legalità della Corte di cassazione, funzionale ad assicurare l'uniformità dell'interpretazione ed applicazione del diritto oggettivo a tutela dell'uguaglianza dei cittadini. Esse avevano, quindi, stabilito che l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità quale violazione di legge costituzionalmente rilevante atteneva solo all'esistenza della motivazione in sè, prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esauriva nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile".
4.4.1. Le Sezioni Unite evidenziavano, altresì, che il vizio logico della motivazione, la lacuna o l'aporia che si assumono inficiarla sino al punto di renderne apparente il supporto argomentativo, devono essere desumibili dallo stesso tessuto argomentativo attraverso cui essa si sviluppa, e devono comunque essere attinenti ad una quaestio facti (dato che in ordine alla quaestio juris non è nemmeno configurabile un vizio di motivazione). In coerenza con la natura di tale controllo, da svolgere tendenzialmente ab intrinseco, il vizio afferente alla motivazione, sotto i profili della inesistenza, della manifesta e irriducibile contraddittorietà o della mera apparenza, deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, sì da comportare la nullità di esso; mentre al compito assegnato alla Corte di Cassazione dalla Costituzione resta estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.
4.5. Siffatte conclusioni che erano state costantemente riaffermate nella giurisprudenza di legittimità sino alle modifiche al testo dell'art. 360 cod. proc. civ. introdotte con la riforma del 2006, appaiono oggi nuovamente legittimate dalla riformulazione dello stesso testo adottate con la riforma del 2012, che ha l'effetto di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall'art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per "mancanza della motivazione".
4.5.1. In proposito dovrà tenersi conto di quanto questa Corte ha già precisato in ordine alla "mancanza della motivazione", con riferimento al requisito della sentenza di cui all'art. 132 c.p.c., n. 4: tale "mancanza" si configura quando la motivazione manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero... essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009).
4.6. Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull'esistenza (sotto il profilo dell'assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell'illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.
4.7. Il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell'art. 360 cod. proc. civ. concerne, invece, l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L'omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l'omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.
4.7.1. La parte ricorrente dovrà, quindi, indicare - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), - il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l'esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso.
5. Si può quindi affermare il seguente principio di diritto:
a) La riformulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è deducibile esclusivamente l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 disp. prel. cod. civ., come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di "sufficienza", nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile".
b) Il nuovo testo del n. 5) dell'art. 360 cod. proc. civ. introduce nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
c) L'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
d) La parte ricorrente dovrà indicare - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e all'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), - il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui ne risulti l'esistenza, il "come" e il "quando" (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la "decisività" del fatto stesso.

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Decorrenza del termine per la costituzione dell'appellante dalla notifica al destinatario, Cassazione sentenza n. 1663/2016:
"Ciò è stato immediatamente chiarito dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, che ha evidenziato come la scissione operi esclusivamente laddove ne deriva un favor per il soggetto notificante, cioè l'incidenza sia coerente con la tutela del soggetto cui è finalizzata alla scissione stessa (v. Cass. sez.3, 14 luglio 2004 n. 13065; Cass. sez. 3, 11 maggio 2007 n. 10837 - per cui la distinzione dei momenti di perfezionamento della notifica per il notificante e per il destinatario dell'atto, scaturita dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, "trova applicazione solo quando dall'intempestivo esito del procedimento notificatorio, per la parte di questo sottratta alla disponibilità del notificante, potrebbero derivare conseguenze negative per il notificante, quale la decadenza conseguente al tardivo compimento di attività riferibile all'ufficiale giudiziario, non anche quando la norma preveda che un termine debba decorrere o un altro adempimento debba essere compiuto dal tempo dell'avvenuta notificazione, come per la costituzione dell'appellante o il deposito del ricorso per cassazione, dovendo essa in tal caso intendersi per entrambe le parti perfezionata, come si ricava dal tenore testuale degli articoli 165 e 369 cod. proc. civ., al momento della ricezione dell'atto da parte del destinatario, contro cui l'impugnazione è rivolta", principio così espressamente affermato proprio per un caso di appello per ritenere che il termine previsto dagli articoli 165 e 347 c.p.c. decorre dalla notifica dell'atto d'appello in senso proprio e non dalla consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario -; Cass. sez. 1, 21 maggio 2007 n. 11783 - che conferma come, ai fini dell'osservanza del termine di costituzione in appello dell'appellante, il "giorno della notificazione" di cui agli articoli 165 e 347 c.p.c. non è da identificarsi in quello in cui si realizza a vantaggio del notificante un effetto anticipato e provvisorio, bensì in quello in cui si compie il perfezionamento del procedimento notificatorio, ovvero nel momento in cui l'atto viene ricevuto dal destinatario o perviene nella sua sfera di conoscibilità -; Cass. sez. 3, 20 aprile 2010 n. 9329 - per cui "il termine per la costituzione dell'appellante, ai sensi dell'art. 347 cod. proc. civ., in relazione all'art. 165 cod. proc. civ., decorre dal momento del perfezionamento della notificazione dell'atto di appello nei confronti del destinatario e non dal momento della consegna di tale atto all'ufficiale giudiziario, che rileva, invece, solo ai fini della tempestività dell'impugnazione" - e da ultimo Cass. sez. lav., 29 ottobre 2013 n. 24346 - che ribadisce come "la distinzione dei momenti di perfezionamento della notifica per il notificante e il destinatario dell'atto, risultante dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, trova applicazione solo quando dall'intempestivo esito del procedimento notificatorio, per la parte di questo sottratta alla disponibilità del notificante, potrebbero derivare conseguenze negative per il notificante, quale la decadenza conseguente al tardivo compimento di attività riferibile all'ufficiale giudiziario, non anche quando la norma preveda che un termine debba decorrere o un altro adempimento debba essere compiuto dal tempo dell'avvenuta notificazione, come per il deposito del ricorso per cassazione e del controricorso, dovendo essa in tal caso intendersi per entrambe le parti perfezionata, come si ricava dal tenore testuale dell'articolo 369 cod. proc. civ., al momento della ricezione dell'atto da parte del destinatario, contro cui l'impugnazione è rivolta"). "
 
Eccezioni non rilevabili di ufficio: Cassazione n. 19212/2016: "Occorre al riguardo ricordare che eccezioni non rilevabili d’ufficio sono solo quelle in cui la manifestazione della volonta’ della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarita’ di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilita’ d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (Cass. 12353 del 2010). Infatti l’evoluzione che ha segnato la giurisprudenza di legittimita’, a partire dalle Sezioni Unite n. 1099 del 1998, ha stabilito che il regime normale delle eccezioni e’ quello della rilevabilita’ di ufficio, in funzione dell’assolvimento del compito primario del processo, di “servire all’attuazione di diritti esistenti e non alla creazione di diritti nuovi”. Ha quindi confinato l’ambito della rilevabilita’ a istanza di parte ai casi specificamente previsti dalla legge e alle eccezioni corrispondenti alla titolarita’ di un’azione costitutiva (es. annullamento). Infine le Sezioni Unite del 2013 (ordinanza n. 10531), dando continuita’ all’orientamento gia’ insito nelle sentenze n. 226 del 2001 e n. 15661 del 2005, hanno ritenuto corretta la tesi che ammette la possibilita’ di rilevare di ufficio le eccezioni in senso lato, anche in appello, che risultino documentate ex actis, indipendentemente da specifica allegazione di parte. Del resto il divieto dello ius novorum in appello si riferisce alle domande, alle eccezioni e alle prove (articolo 345 c.p.c.), e non gia’ indiscriminatamente alle mere difese comunque svolte dalle parti per resistere alle pretese o alle eccezioni di controparte, potendo i fatti su cui esse si basano e che risultano dalle acquisizioni processuali essere rilevati d’ufficio dal giudice alla stregua delle eccezioni “in senso lato” o “improprie” (cfr. fra le tante, Cass n 11015 del 2011; Cass n 11774 del 2007 e Cass. n. 18096 del 2005)".
 

 

Note legali
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Legge 742/1969 e successive modificazioni:

Art. 1.

Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative e' sospeso di diritto ((dal 1º al 31 agosto di ciascun anno)), e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso e' differito alla fine di detto periodo.

La stessa disposizione si applica per il termine stabilito dall'articolo 201 del codice di procedura penale.

Art. 2.

In materia penale la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinunzino alla sospensione dei termini.

((La sospensione dei termini delle indagini preliminari di cui al primo comma non opera nei procedimenti per reati di criminalita' organizzata)).

Nei procedimenti per reati la cui prescrizione maturi durante la sospensione o nei successivi quarantacinque giorni, ovvero nelle ipotesi in cui durante il medesimo periodo scadano o siano prossimi a scadere i termini della custodia cautelare, il giudice che procede pronuncia, anche di ufficio, ordinanza non impugnabile con la quale e' specificamente motivata e dichiarata l'urgenza del processo. In tal caso i termini processuali decorrono, anche nel periodo feriale, dalla data di notificazione dell'ordinanza. Nel corso delle indagini preliminari l'urgenza e' dichiarata nella stessa forma dal giudice su richiesta del pubblico ministero.

Nel corso delle indagini preliminari, quando occorre procedere con la massima urgenza nel periodo feriale al compimento di atti rispetto ai quali opera la sospensione dei termini stabilita dall'articolo 1, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero o della persona sottoposta alle indagini o del suo difensore, pronuncia ordinanza nella quale sono specificamente enunciate le ragioni dell'urgenza e la natura degli atti da compiere. Allo stesso modo il pubblico ministero provvede con decreto motivato quando deve procedere al compimento degli atti previsti dall'articolo 360 del codice di procedura penale.

Gli avvisi sono notificati alle parti o ai difensori. Essi devono far menzione dell'ordinanza o del decreto e i termini decorrono dalla data di notificazione.

La sospensione dei termini non opera nelle ipotesi previste dall'articolo 467 del codice di procedura penale.

Quando nel corso del dibattimento si presenta la necessita' di assumere prove nel periodo feriale, si procede a norma dell'articolo 467 del codice di procedura penale. Se le prove non sono state gia' ammesse, il giudice, nella prima udienza successiva, provvede a norma dell'articolo 495 dello stesso codice; le prove dichiarate inammissibili non possono essere utilizzate.

Art. 2-bis

((1. Nei procedimenti per l'applicazione di una misura diprevenzione, le disposizioni dell'articolo 1 non si applicano quando sia stata provvisoriamente disposta una misura personale o interdittiva o sia stato disposto il sequestro dei beni, qualora gli interessati o i loro difensori espressamente rinunzino alla sospensione dei termini, ovvero il giudice, a richiesta del pubblico ministero, dichiari, con ordinanza motivata non impugnabile, l'urgenza del procedimento)).

Art. 3.

In materia civile, l'articolo 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'articolo 92 dell'ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941, n. 12, nonche' alle controversie previste dagli articoli 429 e 459 del codice di procedura civile.

Art. 4.

Le norme degli articoli 2 e 3 si applicano alle cause prevedute dagli articoli 91 e 92 dell'ordinamento giudiziario di competenza del pretore e, per quelle indicate dall'articolo 92, anche a quelle di competenza del conciliatore.

Art. 5.

In materia amministrativa, l'articolo 1 non si applica nel procedimento per la sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato.

Art. 6.

La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addiì 7 ottobre 1969